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A favore di un’informazione ‘ecosostenibile’. Alla ricerca di nuovi equilibri nella società prima che sul mercato

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Luca De Biase precisa molto bene un punto importante nella conversazione nata attorno al suo post quando dice che, in fondo l’inquinamento (possiamo dire, l’entropia?) dell’ecosistema informativo che stiamo cercando di costruire è parte integrante della partita e come tale non va censurato, né d’altro canto semplificato, quanto (per usare un termine caro a noi vecchietti;) surfato, specie in questa momento:

L’inquinamento è costantemente possibile. In ciascun modello ci sono potenziali falle alla sicurezza dell’informazione. Nel modello basato sul mercato, per esempio, non possiamo non citare i latenti conflitti tra gli interessi dei lettori-compratori di prodotti editoriali e gli inserzionisti pubblicitari. Nel modello dei media sociali si rischia una scarsità di risorse per l’investimento nella ricerca di informazione, di coordinamento metodologico, di sistematicità nella verifica. Nel modello comunitario, nel quale fondazioni e società sostengono il lavoro di ricerca dell’informazione, si rischia la concentrazione sui temi più vicini alle forme della comunità stessa. Nel modello statalista si rischia la sterilità delle idee, a fronte degli interessi elettorali. Ma attenzione: tutti questi sono rischi, non certezze (benché i rischi del mercato e dello stato siano piuttosto elevati e i rischi dei media sociali e delle comunità siano tutti da verificare); e soprattutto le opportunità offerte da ciascun modello sono altrettanto importanti. Con molta umiltà, il nostro autore collettivo potrebbe andare avanti in questa direzione per analizzare rischi e opportunità in modo sistematico e non pregiudiziale.

In questa visione il ‘prodotto bellissimo’ si rivela allora pienamente nella luce del prodotto che i destinatari, messi al centro della fruizione/partecipazione, sono interessati a abitare. E, cosa forse più importante perché anteriore, definisce l’orizzonte di una società da (ri)costruire prima di preoccuparsi di definire dei prodotti destinati a tale società. Vitale.

Se poi, come mi pare che anche Luca faccia ben traslucere, maturasse una piattaforma/tecnologia che potenzi abitudini di fruizione antiche sullo sfondo del digitale e della sua nuvola, allora avremmo il contesto migliore per produrlo e distribuirlo questo ‘prodotto bellissimo’, a patto di saperlo pensare. E non posso che essere d’accordo: gli ereader sono la prima reale occasione per gli editori di quotidiani di rifondare un’economia -dalla loro prospettiva, per carità- dell’informazione. E sì, occorre lavorarci, anzi

Fare ricerca. E crederci.


Tagged: autore collettivo, ereader, giornali, giornalismo, luca de biase, prodotto bellissimo

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